Balzac & Hańska: una commedia (dis)umana
di Marina Moioli
Qualcuno ha detto che le cose importanti della vita si capiscono dalla fine. E che la verità di un amore si afferra solo da come si spezza. Se così è, leggendo com’è finita la storia tra il grande Honoré de Balzac e la contessa Ewelina Constancja Viktoria Hańska c’è poco da stare allegri.
A svelare tutti i particolari della vicenda, che ha visto come protagonisti l’enciclopedico autore de La Comédie humaine(una summa di 137 opere tra romanzi realistici, fantastici e filosofici, ma anche racconti, saggi, studi analitici e novelle) e la moglie a lungo corteggiata solo per via epistolare e sposata pochi mesi prima di morire, è stato Octave Mirbeau (1848-1917) nella scandalosa biografia La morte di Balzac.
Balzac e Mme Hanska si conobbero a causa di una lettera entusiasta che lei, da grande ammiratrice dello scrittore, aveva mandato all’editore nel 1832.
Si scrissero centinaia di lettere (quasi tutte bruciate), ma dal 1833, data del loro primo incontro, si videro solo quattro volte.
Si sposarono nel 1850 (lui la credeva ricchissima, ma non lo era), si stabilirono nella casa di lui al numero 18 dell’avenue Fortunée, e dal giorno successivo vissero in camere separate, odiandosi.
Un rapporto amoroso segnato da lunghi anni di lontananza e da un carteggio appassionato, ma concluso malissimo, se è vero che il 18 agosto 1850, giorno della morte di Balzac, lei rimase chiusa in camera con l’amante, il pittore Jean Gigoux, e uscì solo quando qualcuno la informò dietro la porta che l’agonia del marito era finita.
Il povero Balzac morì solo come un cane, invocando l’aiuto del medico Horace Bianchon, uno dei 2300 personaggi che aveva immaginato - mentre l’infermiera e il domestico erano in cucina e quando i medici se ne erano andati da un pezzo - per una peritonite complicatasi in cancrena.
Negli ultimi giorni si era gonfiato in modo spaventoso, e buona parte del corpo era quasi decomposta. «C’era un terribile puzzo di cadavere in tutta la casa», ci informa un cronista dell’epoca. Tanto che non fu possibile fare il calco del volto perché il naso si era sciolto nel lenzuolo.
Balzac (tozzo, tracagnotto, bruttissimo, ma capace di affascinare con le parole) e la bella “straniera” formavano una coppia male assortita.
E lui avrebbe dovuto accorgersi subito che i conti non tornavano. Invece s’incaponì come un bambino: la tempestava di proposte matrimoniali. Intanto lei nicchiava, tergiversava, temporeggiava. Alla fine, vinta da tanta insistenza, dopo anni e anni disse di sì, ma non le restò altro che accudire quel marito moribondo. «Avrebbe potuto essere la sua fata buona; fu solo la sua infermiera e, forse, la sua becchina», ha commentato acidamente il biografo.
La lunga storia dell’amore tra il grande scrittore francese e Madame Hańska, è passata, nell’ordine, attraverso tre momenti: il “passionale” dei primi slanci, il “tiepido” del protrarsi discontinuo e a volte stanco dei loro rapporti e il “patetico” del supplizio finale.
Il primo incontro avviene nella cittadina svizzera di Neuchâtel, nell’autunno del 1833. Lo scrittore e la “Straniera” si vedono sulla passeggiata per un appuntamento fissato genericamente da Balzac tra l’una e le quattro del pomeriggio. Leggere cosa si scrivevano in quei giorni, oggi fa veramente ridere: «Voi siete ancora giovane, mi dicono» scriveva la contessa in una lettera.
«Vorrei conoscervi, ma credo di non averne bisogno; un istinto dell’anima mi fa presentire il vostro essere; io me l’immagino, a modo mio, e so che dirò: “Eccolo”, appena vi scorgerò».
Più o meno le stesse parole aveva scritto lui:
«Sono sicuro che vedendovi quale siete nella realtà dirò: “È lei! Lei il mio amore: tu!”».
A questo primo approccio seguirà un lungo esaltante soggiorno a Ginevra.
Balzac alloggiava all’Auberge de l’Arc, vicino alla casa di lei, la Maison Mirabaud al Pré-Lévêque. Gli scambi di visite “ufficiali” - agli occhi del vecchio conte Hanski, marito di lei, lo scrittore passava come un gradito “amico di famiglia” - coprivano senza difficoltà quelli privati. Ogni tanto Ewelina gli fa scenate di gelosia, rimproverandogli le molte relazioni femminili, da Madame de Récamier alla contessa Potocka e a Laura de Berny.
Due anni dopo, in una lettera del 1935, si legge:
«Mio amato angelo, sono quasi pazzo di te, tanto quanto si può essere pazzi: non riesco a mettere insieme due idee senza che tu non ti ponga in mezzo a loro. Non riesco più a pensare a niente che non sia tu. Contro la mia volontà, la mia immaginazione mi conduce a te. Ti afferro, ti bacio, ti accarezzo, mille amorose carezze s’impossessano di me. Quanto al mio cuore, tu sarai sempre lì, in eterno. Ti sento deliziosamente lì. Ma mio Dio, che sarà di me, se tu mi hai privato della mia ragione».
Al folle amore seguono anni di lontananza.
Lui è a Parigi, sommerso dai debiti e impegnato a scrivere nella sua casa di Passy («Ieri ho lavorato 19 ore, e oggi devo lavorare per 20 o 22. Devo scrivere 16 0 20 fogli al giorno, li faccio e li correggo...), lei impegnata con la sua vita principesca, nella tenuta di ventimila ettari popolata di 3.035 “anime”, ma anche con la adorata figlia Anna da allevare ed educare. Ognuno alle prese col suo destino. E forse l’antico amore si sarebbe esaurito del tutto senza un fatto nuovo: la morte del conte Hanski, nel 1842.
Da quel momento, Honoré de Balzac non sogna che il matrimonio, ma la storia a questo punto comincia a tingersi di patetico fino a sfumare nella pochade. Malgrado le precarie condizioni fisiche, nel 1843 Balzac corre a San Pietroburgo per rivedere la “Straniera”, con la speranza di convincerla. La raggiunge un’altra volta a Dresda, nel 1845, e con lei viaggia in Italia, in Olanda, in Belgio. Dalla loro relazione, nel 1846, nasce un bambino che muore dopo poche ore: Balzac è alla disperazione. Intanto la Hańska, che continua a esitare, pone come condizione al matrimonio che lui paghi prima tutti i debiti: ma la casa sontuosa che le sta preparando, a Parigi, non farà che moltiplicarli.
La vera domanda è capire perché lei, ormai non più giovane e nemmeno innamorata come un tempo accetta di legarsi a quest’uomo così incostante, così poco raffinato e vittima di un estenuante corpo a corpo con i debiti?
Dopo la morte di Balzac la contessa Hańska, da tutti considerata polacca ma in realtà nata in Ucraina, non si risposò più anche se non si fece mancare diversi amanti e morì nel 1882.
Il tanto atteso matrimonio è celebrato il 14 marzo 1850, nella chiesa di Santa Barbara, a Berditcheff, in Ucraina. Ma il destino dello scrittore è già segnato da una diagnosi medica impietosa: ipertrofia cardiaca. La vita coniugale di Balzac durerà più o meno sei mesi, dopo ben sedici anni di corteggiamenti epistolari e di inseguimenti per tutta l’Europa.
Che dire di questa vicenda fra il romantico e il patologico, che sembra uscita da uno dei romanzi della “Commedia umana”, come se Balzac si fosse fatto personaggio di se stesso? Forse che l’uomo non è stato all’altezza dello scrittore, perché non si è reso conto di aver proiettato su una creatura mortale (e non priva di difetti) tutte le sue aspettative e la sua sete di assoluto.
Eppure, come ha scritto Marcel Proust, solo Balzac è riuscito a costruire «esattamente alla stessa maniera la sua vita e i suoi romanzi».
«Balzac era un genio» dirà Victor Hugo alla folla presente ai funerali dello scrittore, al cimitero del Père-Lachaise. E Baudelaire gli rivolse quest’elogio: «Honoré de Balzac, lei è il più eroico, il più singolare, il più romantico e poetico di tutti i personaggi usciti dal suo cuore».
Ma per capire il mistero della sua vita straordinaria non basta leggere le opere e nemmeno visitare la casa-museo dove il gigante della letteratura francese ha vissuto e dove si è consumato l’ultimo atto della sua esistenza.
Ma almeno si può scoprire che Balzac si alzava a mezzanotte e scriveva fino alle otto, piccola pausa per la colazione e poi di nuovo a scrivere fino alle cinque per poi cenare e dormire e svegliarsi e ricominciare. Era letteralmente divorato dalla febbre creativa ma aveva una capacità di lavoro disumana: scriveva decine di pagine al giorno e, per tenersi sveglio e lucido, era capacissimo di bere anche cinquanta tazze di caffè.
In una teca è conservato un volume del carteggio tra lui e la moglie: insieme autobiografia, analisi letteraria, romanzo d’amore.
Una vicenda paradigmatica e universale, la loro, nella quale ciascuno può leggere, in controluce, il dramma di un sogno d’amore nato con le migliori intenzioni e rimasto invece invischiato nelle meschine contraddizioni umane.
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